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RIVOLUZIONE A STELLE E STRISCE 🇺🇸

  • Immagine del redattore: Giorgio Bruzzone
    Giorgio Bruzzone
  • 21 gen
  • Tempo di lettura: 2 min

Il #discorso inaugurale di Donald #Trump è, comunque la si pensi, un discorso rivoluzionario.

Certamente lo è nei temi scelti, che segnano la strada della sua seconda presidenza, ma lo è certamente anche nella tecnica della comunicazione: una modalità diretta , senza sconti , senza ipocrisia. Con una smargiassa, tipicamente Made in USA, che per nulla appartiene alla nostra cultura: “nulla ci ostacolerà perché siamo americani, il futuro è nostro e la nostra età dell'oro è appena iniziata”; conquisteremo Marte e ci riprenderemo Panama alla faccia dei cinesi.

I temi scelti sono anche quelli di un Presidente che vuole passare alla storia come un uomo di pace, colui che risolve e previene i conflitti, che non li provoca; dunque la parola d’ordine è: basta guerre in giro per il mondo.

E allora investimenti militari sì, strizzando l’occhio alle potenti lobbies delle armi, ma per difendere il Paese non per combattere direttamente o indirettamente nel mondo.


E poi c’è il ritorno ai valori tradizionali degli Stati Uniti: stop alle censure sui media.

La libertà di pensiero è un valore che verrà preservato.

Stop inoltre all’uso politico della Giustizia.

Rimpatrio forzato di chi viene a delinquere.


Un Presidente che sa di parlare alla maggioranza silenziosa quando preannuncia la fine di tutte le politiche woke, gender e di cancel culture: “esistono solo due generi quello maschile e quello femminile”

E poi, nonostante l’appoggio di Musk, stop alle auto a pile; basta politiche Gretine (l’uscita dall’accordo di Parigi è segnale inequivocabile) e piena autonomia energetica garantita dagli enormi giacimenti in combustibili fossili USA

Infine piena riabilitazione dei militari che rifiutarono di farsi vaccinare ai tempi del Covid. E poi un’ambizione, più probabilmente un illusione: la missione su Marte.


Una rivoluzione a stelle e strisce, insomma, dove si riafferma l’America tradizionale e vengono messe all’angolo le élite globaliste.


In conclusione, nonostante qualche eccesso Made in USA di troppo, mi sentirei di definirla, almeno nelle premesse, una 𝑹𝒊𝒗𝒐𝒍𝒖𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒅𝒆𝒍 𝒓𝒆𝒂𝒍𝒆


Giorgio Bruzzone

 
 
 

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