La Chiesa cattolica ha celebrato, in questa ultima domenica, la prima di quattro domeniche di avvento.
Il termine Avvento deriva dalla parola “venuta”, in latino “adventus”. È il tempo, infatti, che nel calendario liturgico precede il “Natale del signore”
Per i credenti è conseguentemente un tempo di attesa e soprattutto di conversione.
Un’ attesa, quella Cristiana, salvifica perché , dice il Vangelo , “𝚗𝚎𝚕𝚕’𝚘𝚛𝚊 𝚌𝚑𝚎 𝚗𝚘𝚗 𝚒𝚖𝚖𝚊𝚐𝚒𝚗𝚊𝚝𝚎 𝚟𝚒𝚎𝚗𝚎 𝚒𝚕 𝙵𝚒𝚐𝚕𝚒𝚘 𝚍𝚎𝚕𝚕’𝚞𝚘𝚖𝚘.”
Un tempo quello dell’Avvento, dunque, di grande speranza per i Cristiani.
Le scritture ci ricordano, per chi sa coglierlo, che la nostra vita è orientata ad un misterioso infinito, completamente diverso dal “non senso” di cui è permeato il mondo attuale. Un tempo in cui l’uomo, con una arroganza ed una presunzione che non ha precedenti nella storia, cerca di sostituirsi alla natura e quindi a Dio. Un manipolo di miliardari che forti di questo grande potere pretendono di controllare ogni aspetto della nostra vita e della natura.
In questo contesto, è sempre più ragionevole pensare che le sante scritture, dopo duemila anni, siano ancora il nostro baluardo. La roccia a cui aggrapparsi, per non farsi travolgere dalla follia dei nostri tempi permeati da un nichilismo ed un relativismo ossessivi ed imperanti.
E allora l’invito è di provare a restare in vigile attesa, approfittando di quesi tempi di “attesa”, coltivando con coraggio e perseveranza una cristiana e ragionevole speranza.
Cercando con insistenza quel Dio nascosto tra di noi, ma in realtà sempre presente. Un Dio così democratico e misericordioso che ci lascia sempre liberi di scegliere da che parte stare.
A ben vedere, quindi, il tempo dell’avvento ci ricorda che dipende sempre da noi la scelta del modo in cui vivere. Perché il rapporto con Dio è un rapporto di libertà e non di necessità.
Giorgio Bruzzone
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