Devo confessarvi una cosa: da un po’ di tempo a questa parte sono sempre più attratto ed affascinato dal silenzio.
“Parla con te ogni tanto”, mi sono detto più volte, “ti scoprirai migliore di quanto pensi!”
Sarà l’età ? Forse !
Sarà però che viviamo in un mondo sempre più rumoroso: i tanti rumori della città, le televisioni sempre accese, i molesti suoni degli smartphone. I tanti, i troppi rumori che disturbano la nostra quiete.
Ma ad arrecare disturbo sono, soprattutto, le troppe parole inutili, i discorsi vuoti, le frasi ipocrite.
Parole che, da tempo, mi sono stufato di ascoltare. Preferisco il silenzio!
Il silenzio, in realtà, come diceva la grande pedagogista Maria Montessori non è solo assenza o rifiuto della parola, è un momento di confronto con sé stessi, di recupero di contatto con la propria personalità e di analisi inconscia di ciò che ci circonda.
È sbagliato infatti pensare che il silenzio sia il frutto di disagio. Il silenzio è uno strumento di relazione più profondo di quanto si pensi.
Mi piacerebbe allora pensare che il silenzio stia tornando di moda. Dopo anni di parole al vento, che il vento stia cambiando e che nelle nostre relazioni si cerchi profondità e non una banale e squallida superficialità.
Che si torni ad attribuire il significato vero (l’unico) alle parole: amore, amicizia e famiglia.
In fondo le cose più importanti della vita non hanno bisogno di parole: non servono parole nello sguardo degli innamorati, nella fedeltà dell’amicizia, nella ricerca della fede.
Così come è palese che non servano neppure parole nell’osservare le tante sfumature di un tramonto o l’infrangersi del mare sugli scogli.
La ricerca del silenzio è per me, forse, in fondo un rifiuto. Una forma di autodifesa dal tentativo di omologazione, da una parte, dalla corsa irrefrenabile del tempo, dall’altra.
Uno scudo da una società caratterizzata da un moto continuo, sintomo di un’irrequietezza che ci tiene tutti sempre in movimento verso traguardi provvisori ed effimeri.
Quello che ci manca, soprattutto in questi ultimi anni, e conseguentemente nelle ultime generazioni, è probabilmente la meta. È quella che in filosofia si chiama visione metafisica, il fine ultimo.
Trovare un orientamento dentro la propria vita significherebbe infatti trovare ideali che ci aiutino ad indirizzare le nostre energie, le nostre scelte, e a trasformare quello che potrebbe trasformare l’inconsapevole vagare in un viaggio.
Solo nel silenzio potremmo cercare, insomma, il significato della nostra vita e comprendere, allo stesso tempo, l’unicità della persona umana.
Soltanto quando avremo l’intelligenza di domandarci, nel silenzio, verso quale metà stiamo andando, solo allora, ogni cosa si riempirà di una luce diversa e torneremo ad apprezzare il miracolo della vita.
Giorgio Bruzzone
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