Siamo nel pieno di una rivoluzione sociale, prima che industriale ed economica, che ha al suo centro un fasullo concetto di progresso. Un vago concetto di benessere in cui non c’è più posto per l’uomo, inteso nella sua accezione più ampia ed alta del termine.
Albert Camus diceva: “𝚒𝚕 𝚋𝚎𝚗𝚎𝚜𝚜𝚎𝚛𝚎 𝚍𝚎𝚕𝚕’𝚞𝚖𝚊𝚗𝚒𝚝𝚊̀ 𝚎̀ 𝚜𝚎𝚖𝚙𝚛𝚎 𝚕’𝚊𝚕𝚒𝚋𝚒 𝚍𝚎𝚒 𝚝𝚒𝚛𝚊𝚗𝚗𝚒”
Questo è il tempo in cui c’è chi, con un azzardo senza precedenti, non esita a definire l’uomo parassita della terra, arrivando persino ad auspicare e forse incentivare una drastica riduzione degli uomini ”parassiti”.
Per questo demagogico e distopico processo la scuola diventa il luogo ideale. Il luogo in cui indottrinare le nuove generazioni, con l’ausilio della tecnologia e di una surreale neolingua. Strumenti al servizio di nuove distorte ideologie che azzerano ogni precedente certezza. I fondamentali concetti di Libertà, democrazia, sovranità, bene comune e famiglia finiscono così nel tritacarne rivoluzionario nel tentativo spietato di cancellarne pure la memoria. Stiamo assistendo, impotenti, ad un processo relativista e nichilista che porta a nuove definizioni “autentiche” dei concetti stessi.
Tutto ciò non sorprende!
La storia insegna che i regimi totalitari ( nazismo e comunismo) hanno sempre avuto in comune una promessa di felicità per le masse ed un tentativo di indottrinamento delle nuove generazioni.
Promesse di felicità trasformatasi poi, nella realtà, in trappole e mortificazione per le masse stesse.
Trappole dalle quali non è stato semplice uscire ed al costo di un enorme sacrificio di vite umane.
Per contrastare questo distopico progetto, servirebbe una scuola intesa non più come luogo di indottrinamento, ma opportunità per dare ai giovani gli strumenti per pensare, giudicare, guardare in maniera differente.
Serve una scuola non più finalizzata esclusivamente ad un obiettivo economico lavorativo ( trovare un lavoro) ma ad umanizzare la vita verso una fondamentale ricerca di senso. Finché continueremo a pensare all’educazione come semplice passaggio di competenze e non come arte di vivere ed occasione di trasferimento di esperienze, forgeremo persone che abitano il mondo in maniera inconsapevole. Agevolando in tal modo il compito di chi ha interesse a disegnarci come inutili parassiti, anzichè esseri unici creati ad immagine e somiglianza di Dio.
Serve una scuola che insegni a pensare soggettivamente, attraverso le proprie esperienze di vita, spingendo a giudicare autonomamente ciò che viene raccontato in tutte le materie di studio.
Servirebbe, insomma, una scuola che dia vita ad un eterogeneo popolo di persone e non ad una semplice ed omogenea massa di individui.
Giorgio Bruzzone
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