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1 Maggio

𝟏 𝑴𝑨𝑮𝑮𝑰𝑶

𝑭𝑬𝑺𝑻𝑬𝑮𝑮𝑰𝑨𝑹𝑬 𝑶 𝑳𝑶𝑻𝑻𝑨𝑹𝑬 ?

𝐋𝐨𝐭𝐭𝐚𝐫𝐞 è questa sempre la parola d’ordine…… altro che festeggiare!

Ma perché dovrebbe valere ancora la pena lottare per il lavoro?

Perché il lavoro non significa solo un giusto stipendio, ma significa soprattutto dignità.

Perché non ci sono mani più profumate di quelle intrise di lavoro e di fatica.

Perché senza la equa sicurezza economica, che deve garantire il lavoro, non esiste neppure dignità e libertà.

Perché la crescita di una nazione, di una comunità, di uno Stato non può che passare attraverso la fatica del lavoro di chi ne fa parte. Non esistono ricette magiche. Chi ci ha raccontato il contrario lo fa solo per un suo diabolico tornaconto.

Ma vale anche la pena lottare per il lavoro perché un padre e/o una madre che lavorano sono il miglior esempio possibile per i propri figli.

Negli ultimi anni, anche in Italia, il lavoro ha subito gravissimi attacchi ed ho la sensazione che la battaglia sarà ancora molto lunga.

Il lavoro è stato deriso, dileggiato ed offeso quando si è deciso di scollegare il reddito dal lavoro.

Così come non dovrebbe esserci infatti lavoro senza reddito, non dovrebbe esistere reddito senza lavoro.

Una persona che non è pagata per il suo lavoro diventa uno schiavo.

Una persona pagata senza lavorare diventa un parassita.

Scollegare lavoro e reddito è stato un grave errore!

Sbagliare è umano perseverare è diabolico.

Ma il lavoro è stato attaccato anche quando si è deciso di subordinarlo ad uno strumento di controllo politico sociale mascherato da controllo sanitario.

Quando si è stabilito di non far lavorare una lavoratrice od un lavoratore che sceglievano, legittimamente, di non farsi imporre un trattamento sanitario sperimentale e di dubbia efficacia.

Il lavoro è diventato improvvisamente un diritto di serie B quando il Governo ha imposto una legge per cui “se vuoi lavorare devi obbedire”

Il lavoro trasformato in strumento di ricatto dello Stato! Azzerando così diritti costituzionali considerati fino ad ieri inalienabili !

Diritti e conquiste che non sono arrivati per caso ma a costo di grandi sacrifici economici ed importanti lotte sindacali.

Ma se questo non basta si può ancora chiedersi perché oggi valga ancora la pena lottare per il lavoro ?

Perché il lavoro e la persona umana sono inesorabilmente collegati.

La salvaguardia del lavoro ed insieme lo sviluppo integrale della persona umana devono ritornare al centro dei nostri progetti collettivi.

Belle parole dirà qualcuno, ma cosa andrebbe fatto concretamente?

Va ripensato e riorganizzato il modello economico e sociale su cui è fondata la nostra società, un modello, che oggi vede al centro l’interesse esclusivo dell’azionista, e costruirne uno nuovo, basato sulla partecipazione dei lavoratori e orientato alla democrazia economica.

Perché nel mondo del lavoro trovino applicazione concreta i principi di sostenibilità ed inclusione.

Perché le macchine siano al servizio del lavoratore è non l’uomo al servizio delle macchine.

Perché è insensato ed incivile contare ogni anno migliaia di vittime del lavoro.

Perché principi etici riconosciuti stiano sempre alla base dell’attività lavorativa.

La spinta al continuo aumento dei profitti porta infatti, in molti settori, ad una distorta attività di vendita. Ne conseguono danni per i clienti e per lo stesso lavoratore che si trova a subire pressioni eccessive ed illegittime.

E pensare che per per mettere in pratica questi principi di buon senso, prima che di giustizia sociale, non servirebbero neppure nuove leggi. Basterebbe applicare quelle esistenti, in primis la nostra Carta Costituzionale.

Ecco spiegate le tante ragioni per cui vale ancora la pena lottare per il lavoro.

Giorgio Bruzzone


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